Apri Nouvelle Cousine: “Clap,clap”.

Sin da piccola, ho avuto la tendenza a vedere le cose in modo diverso. Se, per esempio, incontravo un luogo non tenuto a dovere lungo il mio cammino giornaliero, la mia testa lo trasmutava in qualcosa di bello, dando a esso giustizia e giusta ricollocazione.

Il culto del bello e delle cose buone mi accompagna, credo, dal momento in cui ho visto la luce per la prima volta. I miei due segni di terra (Vergine e ascendente Toro) mi portano ad affinare la prospettiva in ogni aspetto della mia vita, con una dolcezza intrinseca per le esperienze sensoriali. L’amore per la cucina non ha tardato ad arrivare. Ricordo le mie passeggiate con mia nonna Dina già all’età di cinque anni, mentre ci apprestavamo a fare la spesa in un piccolo paesino del Fermano, ai piedi del fiume Aso.

Dovevamo attraversarlo a piedi (ovviamente c’era e c’è ancora un ponte) per andare a trovare, con tutta la mia felicità, il negozio del pescato del giorno. Dopo quel rito quasi quotidiano che si compieva nei mesi estivi quando mia mamma parcheggiava me e mio fratello a casa di sua madre, si andava in un altro posticino meraviglioso a prendere la verdura fresca. L’attesa saliva, e io, nella mia mente, sentivo già ancor prima di iniziare a sminuzzare il trito per il soffritto, l’odore magnifico che sarebbe arrivato al lancio carpiato dei gamberetti rosa e pomodorini nel pentolino prediletto di mia nonna, che si sarebbe concluso con delle succulente tagliatelle all’uovo fatte da lei.

Devo ringraziare le mie nonne per la sensibilità che ho oggi nel rispettare gli alimenti e nella mia estrema cura nel preparare con amore le pietanze e il luogo dove saranno accolte. Ricordo ancora il mio gioco preferito, me lo regalarono tutti in famiglia di comune accordo. Trafugavo sempre le pentole in casa e non mi sopportavano più. Rimembrate la Nouvelle Cuisine? Ogni volta che ci penso mi torna in mente il jingle pubblicitario negli anni 80. Quanto era spettacolare? Quel giallo misto al viola e quel lavandino con la pompetta. Si trattava di una mini-cucina portatile super stilosa. Ci ero andata talmente sotto con quel gioco che lo trasportavo ovunque.

Ecco, la mia vita per un anno e più ha girato intorno a lei. Altro che Montessori, io già ero nel mondo dei grandi senza accorgermene. E infatti, poi…

Ho cucinato il mio primo piatto di pasta di nascosto a circa sei anni; avevamo ancora la bombola del gas. Nei primi anni ’90, la vita era ancora molto più semplice. Si stava soli in casa per delle ore, e io facevo degli aperitivi epocali con mio fratello. Per non parlare di tutte le volte che ho rubato la mollica del pane dal suo nucleo centrale, per poi condirla con olio (di casa), pepe e sale. Mio nonno paterno si arrabbiava tantissimo! Puntualmente, a ora di cena, si tagliava il pane e rimaneva soltanto la crosta con un buco vertiginoso.

Il culto e l’amore per il cibo c’è sempre stato, e nonostante la mia vita lavorativa e personale mi abbia sempre fatto prendere altre strade, ripasso sempre da qui. Le mie radici per me sono state e sono tutt’ora essenziali. La vicinanza al mare, la campagna alle spalle, la cultura contadina, la scelta delle scuole superiori. Tutto parlava di lei: ma io continuavo a fare finta di nulla.

Davo sempre solo un piccolo e quasi inesistente lembo della mia esistenza a questa presenza che arriva probabilmente dal centro della mia anima. Ho sempre stimato i miei ex compagni di scuola che hanno fatto della cucina una vocazione. Alcuni sono diventati famosi all’estero, altri hanno scelto carriere completamente diverse. Di fatto abbiamo tutti dolci ricordi di quei tempi che furono a immaginare che caspita di vita avremmo fatto una volta usciti da quei banchi verde acqua sbiaditi.

Giunta all’università, ho trovato poi persone altrettanto speciali, e credo di aver perso il conto dei pranzi della domenica a tema “Made in Marche” poco dopo meno di un anno. Tortellini, pollo arrosto, vincisgrassi. A un certo punto ci eravamo buttate sull’organizzazione di aperitivi e cene a tema più che a superare gli esami universitari. Avevamo fame di vita, di condivisione, di esperienze legate ad anima, corpo e cibo.

Nel corso della mia vita poi, ho visto e vissuto molti bei progetti legati al food, da protagonista e non. Oggi ripartiamo da qui, raccontando il passato, il presente, il futuro, le cose belle e quelle che ci piacerebbe vedere, modellando il tutto a nostro piacere; per quel che ci è concesso. Nasce così Eatwithme. Si tratta di un percorso di crescita di me medesima.

In questa vita si può scegliere di evolversi rimanendo collegati a valori primordiali nel rispetto nel luogo dove siano nati e dove stiamo stazionando. Perché c’è una cosa vera che ci accomuna tutti, siamo di passaggio. Il mio obiettivo, che ogni tanto provo a rimettere in focus, è quello di farlo con tutto l’amore e la gratitudine del mondo per ciò che ogni giorno ho la possibilità di provare e condividere.

In conclusione, se qualcuno dovesse chiedermi chi vorrei ringraziare per la passione che ho per la vita, vorrei dire grazie a mio nonno Bruno. Quest’uomo di altre epoche dalle grandi capacità umane e manuali, mi ha insegnato tanto. Ha coltivato e fatto germogliare in me il tema del sorriso velato (nonostante tutto), a cogliere la bellezza della vita nelle sue sfumature più semplici e a disinnescare le tensioni quotidiane. Mi ha insegnato a cantare, sostenendomi nel mio piccolo e pauroso percorso canoro fin da quando ero una bambina, e mi ha sempre tenuto per mano, senza giudizio e senza aspettative. Grazie a lui, ho imparato a vedere il mondo con occhi pieni di gratitudine e amore. Il suo spirito vive in me, e continuerò a onorare la sua memoria ogni giorno. Grazie, nonno, per avermi insegnato il vero significato della passione e della gioia di vivere.